mercoledì 3 novembre 2010

Ennio Morricone "Metti una sera a cena" 1969

Dopo mesi, passati a meditare sulle mie paranoie più svariate, ho deciso di rimprendere in mano il mio blog per una questione di neccessità psicologica. Sono arrivato a questa conclusione, grazie alla lettura di favolosi volumi prelevati dalla biblioteca Sormani, regina incontrastata delle rimembraze universitarie. Cosa c'entra tutto questo? Cosa c'entrano le paranoie, le rimembranze, i voulmi polverosi? C'entrano, c'entrano...Il 1969 fu un anno, per la scena musicale italiana di transizione pura. Si doveva fare i conti con la quasi fine del musicarello, il consolidamento del neomelodico, la canzonetta, e per nostra fortuna l'inserimento della scuola genovese nell'astro del folk, che scardinava la concezione di tale musica, liberata dalle balere e dalle orchestrine, rinforzando, invece, la tradizione nell'osteria della chitarra suonata con il bicchier di vino. Ennio Morricone si trovava a godere del successo della triologia del dollaro che lo aveva innalzato difronte al grande pubblico, e che gli aveva permesso da quel momento in poi, di essere ancor più richiesto, tampinato oserei dire. Fu qui che cominciò, Morricone, a servirsi di esecutori fidati, che a loro volta scriveranno pagine indelebili nelle colonne sonore italiane fra il 1965 e la metà degli anni Ottanta. Il sodalizio con Bruno Nicolai (indiscrezioni riferiscono che era solo uno pseudonimo dello stesso Morricone) qui prende il suo slancio, la capacità malleabile alle sonorità Beat di Morricone andava ad incontrare l'esotismo di Nicolai, che da maestro di pianoforte conduceva la colonna sonora nel pieno della bossa nova che pian piano invadeva anche l'Italia (grazie a Jobim e Astrud Gilberto), un sodalizio che portò Morricone al Nastro d'argento nello stesso anno. La colonna sonora gioca sulla ripetizione del motivo principale, Metti una sera a cena, che si snoda lentamente, suadente nella prima fase, sensuale a sottolineare il Film di Patroni Griffi che cercava il massimo in quell'ambiguità che il tema principale del film, un menage a trois, doveva palesare, grazie anche al sostegno di Florinda Bolkan sempre più divina nella sua oscurità. Striscia come il serpente tentatore Morricone, fino ad Alla luce del giorno, che spezza con la sua sincope pop Beat, ma decidendo allo stesso tempo di portare sempre in risalto la sua esperienza dissonante (quasi a sfidare il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza di Franco Evangelisti) con il tema di Rich Happening. Il resto della colonna sonora vede questo dualismo melodico e dissonante, che abilmente penetra nelle immagini che si riflettono sullo spettatore, tutto doveva procedere verso l'ambiguità che musicalmente doveva alternare la mannaia della censura con la libertà sessuale che Patroni Griffi voleva fortemente. Morricone, grazie a Nicolai, non lascia respiro e con la reprise finale di Metti una sera a cena, scopre i nervi del cuore che ama, attraverso questa versione sottolineata da cori fiabeschi, che tramutano una tragedia in pura distensione.